Con la sentenza n. 1737 del 23 agosto 2018, la 1° Sezione del TAR Sicilia, Catania, ha ripercorso la dibattuta questione in merito alla possibilità di accedere ai documenti amministrativi in pendenza di una indagine penale.
Il Collegio ha ripercorso il dettato normativo partendo dal fatto che, in termini generali, l’art. 24 della L. n. 241 del 1990, nella parte di interesse, stabilisce:
“1. Il diritto di accesso è escluso:
a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della L. 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo.
. . . 6. Con regolamento, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della L. 23 agosto 1988, n. 400 , il Governo può prevedere casi di sottrazione all’accesso di documenti amministrativi:
. . . c) quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini.
7. Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’ articolo 60 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 , in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale“.
Con D.M. 10 maggio 1994, n. 415 (recante il regolamento del Ministero dell’Interno per la disciplina delle categorie di documenti sottratti all’accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell’art. 24, comma 4 – ora comma 6 -, della L. n. 241 del 1990), all’art. 3, lett. b) del comma 1, vengono sottratte all’accesso “le relazioni di servizio, informazioni ed altri atti o documenti inerenti ad adempimenti istruttori relativi a licenze, concessioni od autorizzazioni comunque denominate o ad altri provvedimenti di competenza di autorità o organi diversi, compresi quelli relativi al contenzioso amministrativo, che contengono notizie relative a situazioni di interesse per l’ordine e la sicurezza pubblica e all’attività di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che, per disposizioni di legge o di regolamento, ne siano previste particolari forme di pubblicità o debbano essere uniti a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità;”.
La Giurisprudenza (cfr. T.A.R. Bari, III, 06-02-2018, n. 151) ha condivisibilmente precisato che “la norma in esame debba essere interpretata in senso non strettamente letterale, giacché altrimenti sorgerebbero dubbi sulla sua legittimità, in quanto si determinerebbe una sottrazione sostanzialmente generalizzata alle richieste ostensive di quasi tutti i documenti formati dall’Amministrazione dell’Interno, con palese frustrazione delle finalità perseguite dalla L. n. 241 del 1990 (cfr. T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 6 ottobre 2010, n. 1653; id., 15 ottobre 2009, n. 949).
Con specifico riferimento alla lett. b) dell’art. 3, comma 1, del d.m. n. 415 cit., sussiste “l’esigenza di evitare che, stante l’ampia formulazione della previsione stessa, essa si traduca in una sottrazione indiscriminata e generalizzata all’accesso di una grandissima parte dei documenti formati dall’Amministrazione dell’Interno. Donde la necessità che la clausola escludente ex art. 3, comma 1, lett. b), del D.M. n. 415 del 1994, operi a sua volta, quale causa di giustificazione del diniego di accesso, in presenza di quelle situazioni ed esigenze – strumentali alla tutela dell’ordine pubblico ed alla repressione della criminalità – elencate dall’art. 24, comma 6, lett. c), della l. n. 241/1990”. (T.A.R. Latina, sez. I, sent. 262 del 2.4.2012).
“Inoltre, la disposizione regolamentare di cui all’art. 3 comma 1 lett. b) del D.M. n. 415 del 1994 va coordinata con quella generale dettata dall’art. 8 comma 2 del D.P.R. n. 352 del 1992, secondo cui “I documenti non possono essere sottratti all’accesso se non quando essi siano suscettibili di recare un pregiudizio concreto agli interessi indicati nell’art. 24 della L. 7 agosto 1990, n. 241”.
“E’ stato osservato in proposito che “l’inaccessibilità generalizzata delle categorie di atti di cui al citato art. 3 comma 1 lett. b) del D.M., a prescindere dalla verifica, in concreto, dell’incompatibilità dell’accesso con la tutela della riservatezza prevista dalle norme sovraordinate, risulterebbe in insanabile contrasto con queste ultime e imporrebbe la disapplicazione della disciplina ministeriale (in senso conforme cfr. TAR Liguria, sez. II, 6 febbraio 2013 n. 241)” (T.A.R. Toscana sez. II, sent. 2122 del 23.12.2014)”.
L’art. 42 della L. 3 agosto 2007, n. 124, stabilisce che:
“1. Le classifiche di segretezza sono attribuite per circoscrivere la conoscenza di informazioni, documenti, atti, attività o cose ai soli soggetti che abbiano necessità di accedervi e siano a ciò abilitati in ragione delle proprie funzioni istituzionali.
1-bis. Per la trattazione di informazioni classificate segretissimo, segreto e riservatissimo è necessario altresì il possesso del nulla osta di sicurezza (NOS).
2. La classifica di segretezza è apposta, e può essere elevata, dall’autorità che forma il documento, l’atto o acquisisce per prima la notizia, ovvero è responsabile della cosa, o acquisisce dall’estero documenti, atti, notizie o cose.
3. Le classifiche attribuibili sono: segretissimo, segreto, riservatissimo, riservato. Le classifiche sono attribuite sulla base dei criteri ordinariamente seguiti nelle relazioni internazionali.
4. Chi appone la classifica di segretezza individua, all’interno di ogni atto o documento, le parti che devono essere classificate e fissa specificamente il grado di classifica corrispondente ad ogni singola parte”.
L’art. 3, del predetto D.P.C.M. del 6 novembre 2015 n. 5, stabilisce che “l’accesso alle informazioni classificate è consentito soltanto alle persone che, fermo restando il possesso del NOS quando richiesto, hanno necessità di conoscerle in funzione del proprio incarico”.
L’art. 4 prevede che “in applicazione dell’art. 42, commi 1 e 3, della legge, le classifiche sono attribuite:
a) per circoscrivere la conoscenza di informazioni, documenti, atti, attività o cose ai soli soggetti che abbiano necessità di accedervi;
b) sulla base dei criteri ordinariamente seguiti nelle relazioni internazionali, applicabili, per motivi convenzionali e ai fini dell’analisi del rischio di cui all’art. 3, comma 1, lettera s).
2. Le classifiche assicurano la tutela amministrativa di informazioni, documenti, atti, attività o cose la cui diffusione non autorizzata sia idonea a recare un pregiudizio agli interessi fondamentali della Repubblica.
3. La classifica SEGRETISSIMO è attribuita a informazioni, documenti, atti, attività o cose la cui diffusione non autorizzata sia idonea ad arrecare un danno eccezionalmente grave agli interessi essenziali della Repubblica.
4. La classifica SEGRETO è attribuita a informazioni, documenti, atti, attività o cose la cui diffusione non autorizzata sia idonea ad arrecare un danno grave agli interessi essenziali della Repubblica.
5. La classifica RISERVATISSIMO è attribuita a informazioni, documenti, atti, attività o cose la cui diffusione non autorizzata sia idonea ad arrecare un danno agli interessi essenziali della Repubblica.
6. La classifica RISERVATO è attribuita a informazioni, documenti, atti, attività o cose la cui diffusione non autorizzata sia idonea ad arrecare un danno lieve agli interessi della Repubblica.
7. Le tabelle A, B, C e D allegate al presente regolamento individuano l’ambito dei singoli livelli di classifica, i soggetti cui è conferito il potere di classifica e le materie che possono essere oggetto di classifica, tra le quali quelle elencate nella colonna 3 delle tabelle stesse”.
Emerge, quindi, che per i documenti classificati come riservati, la diffusione non autorizzata determina un danno lieve agli interessi della Repubblica.
L’art. 19 del medesimo dpcm stabilisce che “1. Le classifiche di segretezza SEGRETISSIMO (SS), SEGRETO (S), RISERVATISSIMO (RR) e RISERVATO (R), di cui all’art. 42 della legge, assicurano la tutela prevista dall’ordinamento di informazioni la cui diffusione sia idonea a recare un pregiudizio agli interessi della Repubblica e sono attribuite per le finalità e secondo i criteri stabiliti dall’art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 7 del 12 giugno 2009”.
Le finalità, quindi, vanno rinvenute, nel caso di specie, all’all. D di tale decreto.
L’all. D, dopo aver premesso questi principi, elenca un numero rilevante di casi, nei quali non rientra la fattispecie in esame.
Tuttavia, alla colonna 3, in premessa, si avverte che l’elenco non è esaustivo, sicché, debitamente la Prefettura può autonomamente valutare che l’ostensione possa determinare la lesione degli interessi (lievi), ove indiscriminatamente ostesi.
In somma sintesi, l’Autorità che forma il documento (la Prefettura) classifica il documento e/o le parti dello stesso da ritenere “Riservati”, attenendosi a tali direttive o rinvenendo altre assimilabili ipotesi.
Ciò implica una motivazione puntuale, che faccia comprendere le concrete ragioni (senza alcuna necessità, ovviamente, di divulgazione) per le quali i documenti richiesti siano stati classificati come “riservati”.
Nella relazione della Prefettura alla Commissione per l’accesso, si precisa che vi sarebbero anche “atti di natura giudiziaria in ambito processuale non ancora definito”.
Soltanto gli atti di indagine compiuti dal P.M. e dalla polizia giudiziaria sono coperti dall’obbligo di segreto nei procedimenti penali ai sensi dell’art. 329 c.p.p., di talché gli atti posti in essere da una pubblica amministrazione nell’ambito della sua attività istituzionale sono atti amministrativi, anche se riguardanti lo svolgimento di attività di vigilanza, controllo e di accertamento di illeciti e rimangono tali pur dopo l’inoltro di una denunzia all’autorità giudiziaria; tali atti, dunque, restano nella disponibilità dell’amministrazione fintanto che non intervenga uno specifico provvedimento di sequestro da parte dell’A.G., cosicché non può legittimamente impedirsi, nei loro confronti, l’accesso garantito all’interessato dall’art. 22, 1. 7 agosto 1990 n. 241, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di cui all’art. 24, 1. n. 241 del 1990.