Con la sentenza n. 8829 dello scorso 27 dicembre 2019, la V Sezione del Consiglio di Stato ha ripercorso e puntualizzato l’attuale assetto del diritto di accesso documentale di cui agli articoli 22 e seguenti della Legge 7 agosto 1990 n. 241.
In particolare, ha precisato il Collegio, che a fronte della pluralità dei modelli d’accesso previsti dall’ordinamento, l’amministrazione – così come il giudice – è vincolata alla scelta dell’istante nel caso in cui questi abbia formulato espressa opzione per uno di tali modelli, “resta(ndo) precluso alla pubblica amministrazione – fermi i presupposti di accoglibilità dell’istanza – di diversamente qualificare l’istanza stessa al fine di individuare la disciplina applicabile; in correlazione, l’opzione preclude al privato istante la conversione in sede di riesame o di ricorso giurisdizionale” (Cons. Stato, V, 2 agosto 2019, n. 5503).
Nel caso di specie, l’istanza del T. è strutturata ed espressamente formulata “ai sensi e per gli effetti della L. n. 241 del 1990”, così univocamente individuando – in modo vincolante e al contempo non passibile di successive modifiche in sede processuale – la tipologia d’accesso esperita e il corrispondente regime alla cui stregua la relativa istanza va valutata.
2.2. L’oggetto dell’accesso nel caso di specie è costituito da varia documentazione inerente l’attività di verifica, accertamento e ispezione eseguita dall’Enac in relazione agli aeroporti di Bari e Brindisi facenti capo all’appellante (doc. 4 e 8 dell’istanza); dalle istanze di certificazione funzionali al rilascio di certificati Enac sui medesimi aeroporti (doc. 6 e 7); dai dati di contabilità analitica trasmessi ad Enac in relazione a varie tipologie di servizi (doc. 9); dalla documentazione sulle retribuzioni, assunzioni e contratti del Direttore generale F. e del dirigente C. (poi a sua volta Direttore generale), nonché relativa all’affidamento di incarico a quest’ultimo (doc. 12 e 13).
A tal riguardo, presupposto dell’accesso documentale è, in prospettiva generale, la sussistenza di un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso” (art. 22, comma 1, lett. b, L. n. 241 del 1990).
Occorre dunque, ai fini della legittimazione all’accesso, la sussistenza di una situazione giuridicamente tutelata e, in collegamento a questa, un interesse diretto, concreto e attuale ad acquisire documenti amministrativi detenuti dall’amministrazione (cfr. Cons. Stato, IV, 13 luglio 2017, n. 3461; III, 12 marzo 2018, n. 1578).
In tale contesto, i principi generali elaborati dalla giurisprudenza in materia d’accesso, sono ormai da tempo ben consolidati nei termini che seguono:
(i) il diritto all’accesso documentale di cui agli artt. 22 ss. L. n. 241 del 1990, pur essendo finalizzato ad assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa e a favorirne lo svolgimento imparziale, non si configura come un’azione popolare, esercitabile da chiunque, indipendentemente da una posizione giuridicamente differenziata, ma è consentito soltanto a coloro ai quali gli atti si riferiscono direttamente o indirettamente e comunque solo laddove essi se ne possano avvalere per tutelare una posizione giuridicamente rilevante (Cons. Stato, III, 11 gennaio 2019, n. 249; V, 14 settembre 2017, n. 4346);
(ii) a tal fine la nozione di strumentalità va intesa in senso ampio, in termini di utilità per la difesa di un interesse giuridicamente rilevante, dovendo la domanda ostensiva essere finalizzata alla cura di un interesse diretto, concreto, attuale e non meramente emulativo o potenziale, connesso alla disponibilità dell’atto o del documento del quale si richiede l’accesso (Cons. Stato III, 16 maggio 2016, n. 1978; VI, 15 maggio 2017, n. 2269; 6 agosto 2014, n. 4209);
(iii) il carattere strumentale dell’accesso non ne implica peraltro la riduzione ad una situazione meramente servente rispetto alla difesa in giudizio della situazione sottostante, assumendo in particolare l’accesso una valenza autonoma in relazione alla sorte del processo principale e della domanda giudiziale (Cons. Stato, IV, 19 ottobre 2017, n. 4838);
(iv) l’interesse sotteso all’accesso deve a sua volta connotarsi per essere a) diretto, cioè correlato alla sfera individuale e personale del soggetto richiedente, dovendosi, con ciò, escludere una legittimazione generale, indifferenziata ed inqualificata; b) concreto, e quindi specificamente finalizzato, in prospettiva conoscitiva, alla acquisizione di dati ed informazioni rilevanti ed anche solo potenzialmente utili nella vita di relazione, palesandosi immeritevole di tutela la curiosità fine a se stessa, insufficiente un astratto e generico anelito al controllo di legalità, precluso un “controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni” (cfr. art. 24, comma 3, L. n. 241 del 1990); c) attuale, cioè non meramente prospettico od eventuale, avuto riguardo all’attitudine dell’auspicata acquisizione informativa o conoscitiva ad incidere, anche in termini di concreta potenzialità, sulle personali scelte esistenziali o relazionali e sulla acquisizione, conservazione o gestione di rilevanti beni della vita; d) strumentale, avuto riguardo sia, sul piano soggettivo, alla necessaria correlazione con situazioni soggettive meritevoli di protezione alla luce dei vigenti valori ordinamentali, sia, sul piano oggettivo, alla specifica connessione con il documento materialmente idoneo ad veicolare le informazioni (Cons. Stato, V, 2 ottobre 2019, n. 6603).
2.3. Facendo applicazione dei suesposti principi al caso in esame risulta l’infondatezza delle doglianze proposte dall’appellante.
L’istanza d’accesso del T. è volta all’acquisizione di documentazione funzionale alla vertenza gius-lavoristica che lo vede contrapposto all’appellante in relazione alla rivendicazione del diritto all’assunzione a tempo indeterminato presso la A.P. a fronte dell’attività dallo stesso T. svolta quale Responsabile di esercizio degli impianti elevatori negli scali di Brindisi e Bari.
A tal fine lo stesso appellato, con nota del 21 gennaio 2019, ha dato conto delle ragioni che si pongono a fondamento dell’accesso richiesto in relazione alla detta vertenza.
In particolare, il T. afferma di essere interessato ai primi due gruppi di documenti suindicati (i.e., doc. 4, 6, 7, 8) in quanto da essi risulterebbe l’indispensabilità in concreto, in relazione alla specifica situazione aziendale della A.P. – non solo, dunque, in prospettiva generale e astratta – della funzione di Responsabile di esercizio degli impianti elevatori svolta dal T., nonché l’eventuale “spendita” a tali fini della figura professionale dell’appellato da parte dell’azienda nei rapporti con l’amministrazione controllante.
Il che configura valida ragione in grado di giustificare l’accesso, presentando l’interesse affermato – al di là della fondatezza o meno delle doglianze sostanziali del T. nell’ambito della relativa vertenza – un adeguato nesso funzionale con la situazione invocata dall’appellato, atteso che i documenti richiesti sono volti a fornire elementi di evidenza (la cui fondatezza, e la stessa effettiva e adeguata attitudine probatoria finale sfuggono, nel merito, all’oggetto del presente giudizio) dell’indispensabilità in concreto della figura professionale rivestita dal T. e del ruolo (in tesi strutturale) della stessa nell’ambito dell’azienda.
Analogo interesse il T. invoca in relazione alla documentazione contabile (sub doc. 9), nella misura in cui la funzione strutturale del Responsabile di esercizio degli impianti elevatori emerge in concreto anche sotto il profilo dei relativi costi, ricompresi in quelli comunicati dalla A.P. all’Enac – come eventualmente inclusi anche negli importi tariffari – e ciò pure nella prospettiva dell’azione giudiziale che il T. preannuncia.
In senso contrario non rileva la circostanza che alcuni dei ridetti documenti riguardino procedimenti amministrativi di competenza dell’Enac, dovendo perciò essere richiesti a quest’ultimo ente (in particolare, la documentazione sub (…), (…), (…) e (…)). L’appellante non disconosce infatti il possesso di tale documentazione – riguardando essa, del resto, verifiche condotte nei confronti della A.P. (doc. 4 e 8) – e il sol fatto che le attività di verifica e accertamento siano state eseguite dall’Enac non preclude l’acquisizione dei documenti presso l’appellante, nel quadro del rapporto professionale intercorso fra la stessa e il T.; ciò anche a mente del principio secondo cui “nonostante il secondo periodo del comma 2 dell’art. 25, L. 7 agosto 1990, n. 241, preveda che la richiesta “deve essere rivolta all’Amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente”, tuttavia, l’uso pressoché esclusivo dei supporti informatici, che la pubblica amministrazione deve utilizzare, in applicazione diretta dell’art. 97 Cost., priva di ogni rilevanza il luogo dove i documenti siano conservati, non esistendo più difficoltà di conservazione e di trasmissione degli stessi. Ove poi (…) l’Amministrazione evocata in giudizio dovesse rifiutare l’ostensione dei documenti perché inesistenti, ciò dovrà avvenire con atto esplicito adottato dal legale rappresentante dell’ente, al fine di consentire all’appellato, anche, la difesa in ogni sede giudiziale” (Cons. Stato, VI, 15 maggio 2017, n. 2269); mentre sono riconducibili alla stessa appellante i documenti concernenti le istanze di certificazione degli aeroporti e gli elementi contabili suindicati (doc. 7 e 9).
Quanto alla documentazione inerente la posizione retributiva, assunzionale, contrattuale e relativa agli incarichi dei controinteressati (i.e. doc. 12 e 13 suindicati) essa ben può assumere rilevanza rispetto alle ragioni e domande prospettate dal T., segnatamente in chiave comparativa in ordine alla posizione e retribuzione di costoro, cui l’appellato aspirerebbe – con rilievo anche ai fini della determinazione del quantum eventualmente spettante allo stesso appellato (in proposito il T. invoca un inquadramento economico “con compenso, quanto meno, corrispondente a quello di direttore generale”, cfr. nota del 21 gennaio 2019, cit.) – nonché alla (ritenuta) spettanza al T. di alcuni degli incarichi affidati al controinteressato C..
Alla luce di ciò non risultano dunque fondate le doglianze con le quali l’appellante lamenta l’assenza di strumentalità e di adeguato collegamento fra i documenti richiesti dal T. e l’interesse defensionale a questi facente capo, ben sussistendo, per converso, il necessario interesse personale, concreto e attuale all’accesso (non qualificabile in specie come “emulativo” o “meramente potenziale”), in conformità coi principi elaborati da questo Consiglio di Stato nei termini suindicati (su cui cfr. Ad. Plen. n. 7 del 2012).
2.4. In tale contesto non sono condivisibili, né assumono rilievo, le doglianze in ordine alla ritenuta novità dei profili d’interesse fatti valere dall’appellato ai fini dell’accesso, con particolare riguardo al possibile risarcimento del danno, anche in relazione all’eventuale “spendita” della figura professionale del T. da parte della A.P..
Da un lato, infatti, l’istanza del 21 gennaio 2019 presentava un perimetro ben esteso, anche in relazione ai profili suindicati (cfr., in particolare, sub punto 4 della nota), dall’altro la specifica e minuta formulazione delle domande processuali che il T. riterrà eventualmente di proporre (se, ad es., a titolo risarcitorio o ad altro titolo) non rientra nell’oggetto del presente giudizio, rispetto al quale è sufficiente rilevare la strumentalità dell’accesso alla difesa delle ragioni che il T. ritiene lese dall’appellante.
Allo stesso modo, non incide sull’ammissibilità dell’accesso richiesto dal T. la possibilità che i documenti richiesti siano eventualmente acquisiti in sede giudiziale ai sensi degli artt. 210 e 213 cod. proc. civ., alla luce del condivisibile orientamento di questo Consiglio di Stato secondo cui non può ritenersi “che l’accesso ai documenti sia automaticamente precluso dalla pendenza di un giudizio civile qui peraltro non attuale, nella cui sede l’ostensione degli stessi documenti potrebbe essere disposta dal g.o., mediante ordine istruttorio ex art. 210 c.p.c. oppure mediante richiesta di informazioni ex art. 213 c.p.c., stante l’autonomia della posizione sostanziale tutelata con gli artt. 22 e ss. L. n. 241 del 1990 cit. rispetto alla posizione che l’interessato intende difendere con altro giudizio e della relativa azione posta dall’ordinamento a tutela del diritto di accesso, perché, diversamente opinando, ciò si tradurrebbe in una illegittima limitazione del diritto di difesa delle parti, con conseguente lesione del principio dell’effettività della tutela giurisdizionale” (ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 15 novembre 2018, n. 6444; id., 21 marzo 2018, n. 1805)” (Cons. Stato, IV, 27 agosto 2019, n. 5910; cfr. anche Cons. Stato, IV, 29 luglio 2019, n. 5347, che pone in risalto, nella stessa prospettiva, la facoltatività per il giudice di ordinare l’esibizione). Senza considerare che i documenti richiesti potrebbero incidere sullo stesso confezionamento delle domande introduttive del giudizio, anteriori alla relativa fase istruttoria.
Quanto alla posizione dei controinteressati – non costituiti in giudizio – nessuna opposizione all’accesso è stata formulata dal F., mentre non assume rilievo contrario quella del C., il quale da un lato non invoca specifiche ragioni di riservatezza, limitandosi a esprimere argomenti difensivi tesi a impedire l’accesso (i.e., inutilità dello stesso, risultando i documenti già pubblicati dalla A.P.; la richiesta si risolve in strumento di controllo generalizzato), dall’altro contiene giudizi valutativi sulla non necessità della documentazione alla tutela delle ragioni del T., da ritenere superati alla luce di quanto suindicato.
Solo in termini generici il C. invoca una compressione del proprio diritto alla riservatezza, ma in proposito risulta comunque prevalente il diritto alla difesa del T., ex art. 24, comma 7, L. n. 241 del 1990, non vertendo peraltro l’istanza d’accesso presentata – come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata – su dati sensibili, né su dati giudiziari (per cui cfr. gli artt. 9 e 10 Regol. 2016/679/UE, come richiamato dall’art. 22, comma 2, D.Lgs. n. 101 del 2018, e già l’art. 4 D.Lgs. n. 196 del 2003).
3. In conclusione l’appello va respinto.
4. Ricorrono giusti motivi, rappresentati dalla particolarità della controversia, per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente grado di giudizio fra le parti.
FONTE: Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 8829 del 27.12.2019