Con la sentenza n. 1085 del 12 luglio 2019 il T.A.R. della Toscana, Firenze, Sez. II, ha ricordato che l’art. 24 della L. n. 241 del 1990, nel disciplinare le ipotesi di esclusione del diritto di accesso, stabilisce, al comma III, che “Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”.
Il diritto d’accesso ai documenti riconosciuto dall’art. 22 L. n. 241 del 1990, non si atteggia dunque come una sorta di azione popolare diretta a consentire una forma di controllo generalizzato sull’Amministrazione, né può essere trasformato in uno strumento di ispezione popolare sull’efficienza di un soggetto pubblico o di un determinato servizio, nemmeno in ambito locale (cfr. Cons. St., VI, 25 agosto 2017, n. 4074).
Ne deriva che, da una parte, l’interesse che legittima ciascun soggetto all’istanza, e che va accertato caso per caso, deve essere personale e concreto e, dall’altra, la documentazione richiesta deve essere direttamente riferibile a tale interesse, oltre che individuata o ben individuabile.
Ebbene, nel caso in esame l’istanza di accesso, inoltrata dal ricorrente ai sensi della L. n. 241 del 1990, come si evince dalla precedente esposizione in fatto, è dichiaratamente volta ad effettuare un controllo generalizzato sull’operato del -OMISSIS-, al fine di verificare l’efficienza della sua attività o accertare eventuali negligenze, o colpevoli ritardi od omissioni da parte dei suoi funzionari e del comandante della Polizia Municipale in particolare. Il tutto senza che sia ravvisabile il collegamento degli atti richiesti con l’interesse diretto concreto e attuale dell’odierno ricorrente ad apprestare la propria difesa nell’ambito del giudizio penale, il quale ha per oggetto, invece, la documentazione depositata dallo stesso ricorrente presso il -OMISSIS-, che nell’ipotesi accusatoria, per il suo contenuto e per la sua mole eccezionale, costituirebbe il mezzo di realizzazione delle condotte delittuose di minaccia a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio.
In aggiunta, il Collegio, condividendo le difese dell’Amministrazione resistente, ha osservato come l’istanza in esame fosse formulata in modo generico, in quanto riferita ad una quantità indefinita di atti, non specificamente individuati (tutti gli atti relativi a…), afferenti ad un numero altrettanto irragionevole di segnalazioni, diffide, richieste d’informazioni, esposti, ordinanze etc.; mentre come noto, l’Amministrazione, in sede di accesso, è tenuta a produrre documenti individuati in modo sufficientemente preciso e circoscritto, e non anche a compiere attività di ricerca ed elaborazione degli stessi, atteso che richieste generiche sottoporrebbero l’Amministrazione a ricerche incompatibili sia con la funzionalità dei plessi, sia con l’economicità e la tempestività dell’azione amministrativa (T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, 4 aprile 2016, n. 366; Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 2016, n. 68).
Nel caso in esame, il carico di lavoro che sarebbe derivato al -OMISSIS- dalla domanda di accesso dell’odierno ricorrente sarebbe stata tale da paralizzarne l’attività almeno per diversi giorni.
Pertanto il diniego espresso al riguardo dall’Amministrazione deve ritenersi del tutto legittimo, dovendosi bilanciare gli interessi personali del ricorrente con il mantenimento dell’efficienza e del buon funzionamento di quest’ultima.
Piuttosto, la legittima aspirazione che animava il ricorrente, come da questi chiarito in sede di discussione orale, alla trasparenza amministrativa e al controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali da parte del -OMISSIS-, poteva trovare soddisfazione attraverso l’utilizzo degli strumenti a tal fine apprestati dall’ordinamento con il D.Lgs. n. 33 del 2013, ovvero, in primo luogo, attraverso la consultazione della sezione “amministrazione trasparente” del sito web istituzionale del detto Comune, ed in seconda battuta, attraverso l’esercizio del diritto (di chiunque) di accedere ai documenti ulteriori rispetto a quelli oggetto di obbligo di pubblicazione, nel limite degli interessi pubblici e privati, quali individuati dal legislatore.
Tuttavia, anche quest’ultimo strumento di trasparenza (accesso civico generalizzato) dovrà essere utilizzato senza abusare dello stesso, bensì nell’ambito delle finalità partecipative perseguite dal legislatore e di un rapporto di leale collaborazione tra cittadini e Amministrazione.
Sulla base di tali condizioni si dovrà concordemente pervenire alla corretta individuazione dell’oggetto dell’istanza di accesso civico, che, anche se libera da requisiti soggettivi legittimanti, dovrà comunque identificare “i dati, le informazioni o i documenti richiesti” ex art. 5 comma 3, D.Lgs. n. 33 del 2013; non potendo, da una parte, anche in base a tale disciplina, essere ritenute ammissibili richieste meramente esplorative, cioè volte semplicemente a scoprire di quali informazioni l’Amministrazione dispone, o manifestamente irragionevoli, tali cioè da dover comportare un carico di lavoro in grado d’interferire con il buon funzionamento dell’Amministrazione (come quella oggetto del presente giudizio); e dall’altra, dovendosi quest’ultima astenere dall’opporre preclusioni automatiche e assolute alla conoscibilità dei documenti richiesti, al di fuori dei casi previsti dall’art. 5 bis, comma 3, del D.Lgs. n. 33 del 2013; considerato che anche l’esistenza di un’indagine penale non è di per sé causa ostativa all’accesso ai documenti se quest’ultimi non sono confluiti nel fascicolo del procedimento penale e non rientrano tra gli “atti di indagine compiuti dal pubblico ministero” di cui all’art. 329 c.p.p..