Con la sentenza n. 412 del 3 aprile 2019 il T.A.R. del Veneto (Venezia), Sez. III, ha parzialmente accolto il ricorso di un soggetto che, quale padre della minore e quale soggetto coinvolto nell’attività svolta dai servizi sociali del Comune, aveva chiesto di avere accesso all’intero fascicolo dei servizi sociali formatosi dal momento dell’affidamento, e, in particolare, di visionare ed estrarre copia delle relazioni in ordine agli esiti delle visite domiciliari presso la residenza del ricorrente, delle relazioni in ordine alle indagini ambientali svolte in relazione al contesto familiare, di quelle acquisite da soggetti terzi (scuola; medici curanti; psicologi o altro), della relazione dei servizi sociali presentata al Sindaco e, comunque, di ogni altro documento acquisito al fascicolo, al fine di poter esercitare i propri diritti genitoriali e quelli di difesa.
Il TAR ha rilevato, innanzitutto, che il ricorrente, come evidenziato nella richiesta di accesso, fosse titolare di una posizione di interesse all’accesso quale parte direttamente coinvolta nell’attività dei servizi sociali oggetto della documentazione richiesta e quale padre della minore della quale si occupava il servizio sociale del Comune e che l’accesso fosse stato chiesto per la necessità di tutelare gli interessi della figlia dal rischio di assunzione di provvedimenti non opportuni e potenzialmente irreparabilmente nocivi del suo benessere psicofisico, nonché per tutela dei propri diritti genitoriali e del diritto alla salvaguardia del rapporto genitoriale ai sensi della CEDU.
Per quanto riguardava, poi, i documenti presenti nel fascicolo dei servizi sociali cui la figlia del ricorrente era stata affidata, il Collegio ha rilevato che gli stessi rientrano nella nozione di documenti amministrativi ex art. 22 lett. d) L. n. 241 del 1990 e sono soggetti alla disciplina del diritto di accesso, in quanto frutto dell’attività dei servizi sociali comunali competenti in materia ex L. n. 328 del 2000.
La circostanza che l’affidamento fosse avvenuto su richiesta del giudice civile, non faceva venir meno, ad avviso del Collegio, la natura amministrativa dell’attività dei servizi sociali e l’obbligo, quindi, per l’amministrazione di prendere in considerazione l’istanza di accesso e di vagliare i presupposti per il suo eventuale esito positivo secondo quanto disposto dalla L. n. 241 del 1990. Come rilevato dalla giurisprudenza, inoltre, il diritto di accesso non è ostacolato dalla pendenza di un giudizio civile o amministrativo nel corso del quale gli stessi documenti potrebbero essere richiesti (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 27 gennaio 2011 n. 619) in quanto il diritto alla trasparenza dell’azione amministrativa costituisce situazione attiva meritevole di autonoma protezione, indipendentemente dalla pendenza e dall’oggetto di una controversia giurisdizionale, sicché resta rimessa al libero apprezzamento dell’interessato la scelta di avvalersi del rimedio giurisdizionale offerto dalla L. n. 241 del 1990 ovvero di conseguire la conoscenza dell’atto nel diverso giudizio pendente tra le parti mediante la richiesta di esibizione istruttoria (cfr., tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2010 n. 1067).
Tanto premesso, bisogna, però, considerare i profili di tutela della riservatezza che possono venire in rilievo nel caso di specie in relazione a terzi cui la documentazione richiesta può riferirsi, quali la moglie del ricorrente, gli altri familiari e persone comunque coinvolte nell’attività del servizi sociali in questione.
Il legislatore, nel contemperamento tra diritto di accesso e tutela della riservatezza, ha stabilito, all’art. 24 della L. n. 241 del 1990, che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”, e, cioè, “se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi, è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale”.
Orbene, è vero che, come evidenziato dal ricorrente, il diritto alla genitorialità e alla tutela del benessere psicofisico della figlia minore rientrano tra i diritti fondamentali della persona ma nel caso di dati sensibili e vieppiù per quelli c.d. ultrasensibili la normativa consente l’accesso ai documenti solo nei limiti in cui sia “strettamente indispensabile” alla tutela dell’interesse posto alla base della richiesta.
Nel caso di specie, il Collegio ha rilevato che, per la sua latitudine, l’istanza di accesso formulata dal ricorrente in relazione a tutti gli atti del fascicolo relativo alla figlia minore fosse rivolta anche a documentazione che poteva inerire la vita privata e dati sensibili della madre, di altri familiari o comunque di persone coinvolte negli accertamenti del servizi sociali ma non risultava dalla richiesta di accesso la prova della stretta necessarietà ed indispensabilità di tutta la documentazione cui il ricorrente chiedeva di accedere rispetto all’interesse oggetto di tutela, per cui in questa parte la richiesta di accesso non poteva essere accolta (cfr. C.d.S., sez. III, sent. 139 del 2018; C.d.S., sez. VI, sent. n. 4383 del 2017 secondo cui “…Emblematica a riguardo è la clausola, contenuta nell’art. 24, comma 7, della L. n. 241 del 1990: demanda agli enti e all’autorità giurisdizionale il compito non solo di verificare nel singolo caso concreto la legittimazione dell’istante ad accedere agli atti in virtù di un interesse giuridicamente protetto connesso al documento richiesto, ma anche di valutare se e in quali limiti l’accesso sia strettamente indispensabile alla tutela di tale interesse. La disposizione in parola onera il soggetto istante a provare l’indispensabilità dell’accesso del quale è fatta richiesta in relazione alla posizione giuridica da tutelare, con allegazione di fatti, circostanze e ragioni di diritto idonee a supportarne l’istanza”; e, su un caso analogo a quello in questione, cfr. T.A.R. Lazio Roma, sent. n. 395 del 2010).
In definitiva, il Collegio, per quanto sopra esposto, ha ritenuto che il ricorso dovesse essere accolto in parte, con conseguente obbligo del Comune all’ostensione della richiesta documentazione limitatamente agli atti del fascicolo che riguardavano il ricorrente e la minore, quali gli esiti delle visite domiciliari presso la residenza del ricorrente, nonché la relazione sull’attività svolta dai servizi sociali inviata al Sindaco, oscurando comunque i dati personali e sensibili relativi ad altre persone coinvolte nell’attività dei servizi sociali.