Con una recente ordinanza – scaricabile – la Cassazione Civile ha ribadito cosa si debba ricomprendere nella dizione “dato personale”.
Richiamando, seppur erroneamente, l’art. 1 del previgente Codice privacy (si tratta, infatti, dell’oggi abrogato art. 4 “definizioni”) la Corte ricorda la dicitura fornita dal Legislatore nazionale (ante intervento europeo) per identificare il dato personale da intendersi come “qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale”.
Il giudice di legittimità, sulla scorta di quanto precede, riferisce pertanto che costituiscono “sempre dati personali quelli che riguardano la famiglia e altre situazioni personali, il lavoro, le attività economiche, commerciali, finanziarie ed assicurative, i beni, le proprietà e i possessi”.
Il dato, prosegue la pronuncia, è infatti “un bene giuridico di secondo livello, un “contenitore vuoto” all’interno del quale si pone uno specifico contenuto che – se è personale- è relativo al patrimonio informativo dell’interessato”.
Conseguentemente, la Corte conclude nel rigettare il ricorso proposto con cui si domandava il ristoro per il danno -non patrimoniale- subito per la pubblicazione di immagini (foto) relative agli esterni della villa a cui la controparte (impresa di ristrutturazioni) aveva lavorato a seguito di regolare pattuizione contrattuale.
Non è infatti ravvisabile “una violazione del diritto alla privacy, all’immagine o della proprietà altrui nel comportamento di chi, nel proprio personale interesse, acquisisca dati contenenti immagini del proprio manufatto che, se anche riferite a parte del mobilio o degli ambienti in cui esso si inserisce, si dimostrino prive di contenuto personale riferito al committente dell’opera”.
FONTE: Forensics group, https://www.forensicsgroup.eu/