La Cassazione chiarisce come le foto possano essere degli strumenti di difesa da irregolarità nel lavoro per le collaboratrici domestiche.
Ci riferiamo alla Sentenza n° 46158/2019 della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 13 novembre 2019, ma le cui conclusioni sono state rese note solo in settimana. Con questa pronuncia il Supremo Collegio ha stabilito che una collaboratrice domestica che fotografa gli ambienti della casa dove presta la sua opera per provare il proprio rapporto di lavoro non commette il reato di interferenze illecite nella vita privata del datore di lavoro.
I fatti di causa che hanno portato al giudizio in Cassazione
Il Supremo Collegio si è trovato di fronte al ricorso presentato da una collaboratrice domestica che, sia in primo grado che in Corte d’Appello, era stata condannata a 4 mesi di reclusione per il reato di interferenze illecite nella vita privata disciplinato dall’articolo 615-bis del Codice Penale. La collaboratrice domestica, infatti, aveva effettuato delle fotografie e delle riprese all’interno della casa dove lavorava per poterle produrre come prove nella causa di lavoro che stava per intraprendere nei confronti degli inquilini della stessa suoi datori di lavoro.
La decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha rigettato la sentenza impugnata e accolto il ricorso della collaboratrice domestica perché il fatto non sussiste
FONTE: Daniele Cimarelli (articolo) e Ladradivento88 (video), su https://it.blastingnews.com/lavoro/2019/11/la-colf-che-fotografa-le-stanze-della-casa-non-viola-la-vita-privata-del-datore-di-lavoro-003020962.html?fbclid=IwAR360u4iuobe0qY2NrbaWGCzHqV6zq5Is90O8jpPok9kSJbbRvvhUkkPawQ