In tema di mezzi di ricerca della prova, i dati informatici acquisiti da un server aziendale hanno natura di documenti, la cui attività acquisitiva non soggiace alla disciplina delle intercettazioni telefoniche, essendo invece legittima l’acquisizione mediante provvedimento di sequestro probatorio, il quale interviene per acquisire “ex post” i dati risultanti da precedenti e già avvenute comunicazioni telefoniche, così come conservati nella memoria fisica del computer e come tali cristallizzati e documentati da quei flussi.
Questo il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione VI penale, con la sentenza 27 giugno 2019, n. 28269.
Ha ritenuto il Collegio che i dati informatici acquisiti dal server di una società (nella specie si trattava di messaggi di posta elettronica “scaricati” e/o conservati nella memoria fisica del computer) fossero qualificabili quali documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p.
La relativa attività acquisitiva non soggiace dunque alle regole stabilite per la corrispondenza, nè tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche.
L’attività di intercettazione telefonica, ammissibile in relazione a conversazioni o comunicazioni telefoniche o altre forme di telecomunicazione ex art. 266 c.p.p., postula infatti, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni nel momento stesso in cui si realizzano, cosicchè il provvedimento di autorizzazione del giudice risulta necessario in quanto finalizzato, in via preventiva ed in relazione al quadro accusatorio, alla verifica dell’esistenza di gravi indizi di reato, in una prospettiva di indispensabilità per la prosecuzione delle indagini preliminari.
Nel caso di specie, invece, il provvedimento di sequestro probatorio era intervenuto per acquisire ex post i dati risultanti da precedenti e già avvenute comunicazioni telefoniche, così come conservati nella memoria fisica del computer e come tali cristallizzati e documentati da quei flussi (conf. Sez. 5, n. 1822 del 21/11/2017, Parodi, Rv. 272319, con riguardo a sms, messaggi WhatsApp e di posta elettronica conservati nella memoria di un apparecchio cellulare; Sez. 3, n. 928 del 25/11/2015, Giorgi, Rv. 265991, in tema di messaggi WhatsApp e SMS rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro).
L’apprensione ha pertanto riguardo al risultato, definito e non più modificabile, delle precedenti comunicazioni informatiche, come tali documentate e fisicamente acquisite, in ragione della finalità probatoria che le stesse conservano rispetto ad attività già completamente esaurite nel momento della apprensione mediante sequestro.