La Corte di giustizia dell’Unione europea, nella causa C‑345/17, ha preso posizione in relazione all’avvenuta registrazione video di agenti di polizia mentre espletano formalità procedurali all’interno di un commissariato di polizia e successiva pubblicazione su un sito Internet.
Premesso che la pronuncia verte in ordine ai presupposti ed ai limiti delle disposizioni contenute nella Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (ed in particolare del suo articolo 9) e che tale Direttiva è stata abrogata dal Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GDPR), i principi contenuti nella sentenza in esame assumono un’importante rilevanza interpretativa anche delle vigenti disposizioni.
Con la prima questione, il giudice (nazionale) del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3 della direttiva 95/46 debba essere interpretato nel senso che la registrazione video di taluni agenti di polizia all’interno di un commissariato, durante la raccolta di una deposizione, e la pubblicazione del video così registrato su un sito Internet dove gli utenti possono inviare, visionare e condividere contenuti video, rientrino nell’ambito di applicazione di detta direttiva. A tale riguardo viene ribadito che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’immagine di una persona registrata da una telecamera costituisce un «dato personale» ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 95/46, se ed in quanto essa consente di identificare la persona interessata (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2014, Ryneš, C‑212/13, EU:C:2014:2428, punto 22). Inoltre nel caso di un sistema di videosorveglianza, la Corte ha già dichiarato che una registrazione video di persone immagazzinata in un dispositivo di registrazione continua, ossia il disco rigido di tale sistema, costituisce, conformemente all’articolo 2, lettera b), ed all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 95/46, un trattamento di dati personali automatizzato (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2014, Ryneš, C‑212/13, EU:C:2014:2428, punti 23 e 25). Di conseguenza, la pubblicazione – su un sito Internet dove gli utenti possono inviare, visionare e condividere contenuti video – di una registrazione video, come quella in questione, nella quale appaiono dati personali, costituisce un trattamento interamente o parzialmente automatizzato di tali dati, ai sensi dell’articolo 2, lettera b), e dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 95/46.
Prosegue la Corte europea rilevando che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 95/46, quest’ultima non si applica a due tipi di trattamento di dati personali. Si tratta, da un lato, di quelli effettuati per l’esercizio di attività che non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto comunitario, come quelle previste dai titoli V e VI del trattato sull’Unione europea nella sua versione precedente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e, comunque, dei trattamenti aventi come oggetto la pubblica sicurezza, la difesa, la sicurezza dello Stato e le attività dello Stato in materia di diritto penale. La suddetta disposizione esclude, dall’altro lato, i trattamenti di dati personali effettuati da una persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico. Poiché, tuttavia il video in questione, è stato pubblicato senza alcuna restrizione di accesso, su un sito Internet dove gli utenti possono inviare, visionare e condividere contenuti video, rendendo così accessibili i dati personali ad un numero indefinito di persone, il trattamento di dati personali oggetto del procedimento principale non rientra nell’ambito dell’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico (v., per analogia, sentenze del 6 novembre 2003, Lindqvist, C‑101/01, EU:C:2003:596, punto 47; del 16 dicembre 2008, Satakunnan Markkinapörssi e Satamedia, C‑73/07, EU:C:2008:727, punto 44; dell’11 dicembre 2014, Ryneš, C‑212/13, EU:C:2014:2428, punti 31 e 33, e del 10 luglio 2018, Jehovan todistajat, C‑25/17, EU:C:2018:551, punto 42).
Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9 della direttiva 95/46 debba essere interpretato nel senso che circostanze di fatto come quelle oggetto del procedimento principale, vale a dire la registrazione video di taluni agenti di polizia all’interno di un commissariato, durante la raccolta di una deposizione, e la pubblicazione del video così registrato su un sito Internet dove gli utenti possono inviare, visionare e condividere contenuti video, costituiscono un trattamento di dati personali a scopi giornalistici, ai sensi di tale disposizione.
Inpassato la Corte europea aveva già dichiarato che, onde tener conto dell’importanza riconosciuta alla libertà d’espressione in ogni società democratica, occorre interpretare in senso ampio le nozioni ad essa correlate, tra cui quella di giornalismo (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, Satakunnan Markkinapörssi e Satamedia, C‑73/07, EU:C:2008:727, punto 56). Sotto tale profilo, dai lavori preparatori della direttiva 95/46 risulta che le esenzioni e le deroghe di cui all’articolo 9 della direttiva stessa si applicano non solo alle imprese operanti nel settore dei media, ma anche a chiunque svolga attività giornalistica (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, Satakunnan Markkinapörssi e Satamedia, C‑73/07, EU:C:2008:727, punto 58).
Dalla giurisprudenza della Corte emerge che le «attività giornalistiche» sono quelle dirette a divulgare al pubblico informazioni, opinioni o idee, indipendentemente dal mezzo di trasmissione utilizzato (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, Satakunnan Markkinapörssi e Satamedia, C‑73/07, EU:C:2008:727, punto 61).
In concreto, sebbene abbia demandato al giudice del rinvio di verificare se, nel caso di specie, il trattamento di dati personali rispondesse a tale finalità (giornalistica), la Corte europea ha fornito a detto giudice gli elementi di interpretazione necessari ai fini della valutazione ad esso incombente.
Pertanto, alla luce della giurisprudenza della Corte citata ai punti 52 e 53 della presente sentenza, il fatto che il soggetto in questione non fosse un giornalista professionista non sembrerebbe tale da escludere che la registrazione del video in questione, nonché la sua pubblicazione su un sito Internet dove gli utenti possono inviare, visionare e condividere contenuti video, rientrino nell’ambito di tale disposizione. In particolare, il fatto che detta registrazione sia stta caricata on line su un sito Internet di questo tipo, nella fattispecie il sito www.youtube.com, non può, di per sé, privare tale trattamento di dati personali della qualità di essere stato effettuato «esclusivamente a scopi giornalistici», ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 95/46. In effetti, occorre tener conto dell’evolversi e del moltiplicarsi dei mezzi di comunicazione e di diffusione di informazioni. Sotto tale profilo, la Corte ha già dichiarato che il supporto mediante il quale vengono trasmessi i dati oggetto di trattamento, classico come la carta o le onde hertziane oppure elettronico come Internet, non è determinante per valutare se si tratti di un’attività «esclusivamente a scopi giornalistici» (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, Satakunnan Markkinapörssi e Satamedia, C‑73/07, EU:C:2008:727, punto 60).
Ciò posto, però, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 55 delle sue conclusioni, non si può ritenere che ogni informazione pubblicata su Internet, che riguardi dati personali, rientri nella nozione di «attività giornalistiche» e, a detto titolo, benefici delle esenzioni e delle deroghe di cui all’articolo 9 della direttiva 95/46.
La Corte europea conclude dichiarando che l’articolo 9 della direttiva 95/46 deve essere interpretato nel senso che circostanze di fatto come quelle oggetto del procedimento principale, vale a dire la registrazione video di taluni agenti di polizia all’interno di un commissariato, durante la raccolta di una deposizione, e la pubblicazione del video così registrato su un sito Internet dove gli utenti possono inviare, visionare e condividere contenuti video, possono costituire un trattamento di dati personali esclusivamente a scopi giornalistici, ai sensi di tale disposizione, sempre che da tale video risulti che detta registrazione e detta pubblicazione abbiano quale unica finalità la divulgazione al pubblico di informazioni, opinioni o idee, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.