Con la Sentenza n. 425 del 14 gennaio 2019, il Tar Lazio ha affermato/confermato che l’istituto del’accesso civico generalizzato non trova applicazione con riferimento agli “atti di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici”.
Il Giudice amministrativo ha rilevato come la disciplina dell’accesso non abbia carattere unitario. L’accesso – per così dire – “ordinario” (regolato dalla L. n. 241 del 1990) si differenzia infatti nettamente, sia sotto il profilo dei soggetti legittimati ad avvalersene, sia quanto all’oggetto dell’ostensione che può essere ottenuta dall’Amministrazione, dall’accesso civico, che a sua volta si articola nelle due forme del c.d. “accesso civico semplice” (di cui all’articolo 5, comma 1, del D.Lgs. n. 33 del 2013) e del c.d. “accesso civico generalizzato” (contemplato dall’articolo 5, comma 2, del medesimo D.Lgs. n. 33 del 2013)
La giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che l’istituto dell’accesso civico generalizzato non trova applicazione con riferimento agli “atti di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici”, secondo la formulazione utilizzata dall’articolo 53, comma 1, del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 50 del 2016 (cfr. TAR Emilia Romagna, Parma, 18 luglio 2018, n. 197; nello stesso senso TAR Marche, 18 ottobre 2018, n. 677).
L’articolo 5-bis, comma 3, del D.Lgs. n. 33 del 2013 stabilisce espressamente che “Il diritto di cui all’articolo 5, comma 2” – ossia, come detto, l’accesso civico generalizzato – è escluso, tra l’altro, nei casi “in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della L. n. 241 del 1990”.
La suddetta previsione si lega con quella contenuta all’articolo 53 del D.Lgs. n. 50 del 2016, ove – riproducendo, sul punto, la formulazione dell’articolo 13 del previgente D.Lgs. n. 163 del 2006 – si stabilisce che “Salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della L. 7 agosto 1990, n. 241”.
In altri termini, l’accesso agli atti concernenti la procedura di affidamento e la fase di esecuzione dei contratti pubblici è oggetto di una disciplina ad hoc, costituita dalle apposite disposizioni contenute nel Codice dei contratti pubblici e, ove non derogate, da quelle in tema di accesso ordinario recate dalla L. n. 241 del 1990. In tale ambito non trova perciò applicazione l’istituto dell’accesso civico generalizzato, stante la clausola di esclusione contenuta nel richiamato articolo 5-bis, comma 3, del D.Lgs. n. 33 del 2013.
Né potrebbe obiettarsi che alla data dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, emanato con il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, l’accesso civico generalizzato non era stato ancora introdotto, trattandosi di istituto previsto per la prima volta dal successivo D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, che ha sostituito l’articolo 5 del D.Lgs. n. 33 del 2013. Come, infatti, condivisibilmente evidenziato nei precedenti giurisprudenziali sopra richiamati “è lo stesso legislatore del 2016 a considerare e regolamentare l’ipotesi di discipline sottratte per voluntas legis, anche se precedente all’introduzione del nuovo istituto, alla possibilità di accesso generalizzato” (così TAR Parma, n. 197 del 2018, cit.).
D’altro canto l’esclusione dell’applicazione dell’accesso generalizzato manifesta una propria e ben precisa ratio, tenuto conto della circostanza che la disciplina dell’affidamento e dell’esecuzione dei contratti pubblici costituisce un “complesso normativo chiuso, in quanto espressione di precise direttive europee volte alla massima tutela del principio di concorrenza e trasparenza negli affidamenti pubblici, che dunque attrae a sé anche la regolamentazione dell’accesso agli atti connessi alle specifiche procedure espletate”. La scelta del legislatore è, perciò, giustificata dalla considerazione che “si tratta pur sempre di documentazione che, da un lato, subisce un forte e penetrante controllo pubblicistico da parte di soggetti istituzionalmente preposti alla specifica vigilanza di settore (ANAC), e, dall’altro, coinvolge interessi privati di natura economica e imprenditoriale di per sé sensibili (e quindi astrattamente riconducibili alla causa di esclusione di cui al comma 2, lett. c), dell’art. 5-bis del D.Lgs. n. 33 del 2013), specie quando tali interessi, dopo l’aggiudicazione, vanno a porsi su di un piano pari ordinato – assumendo la connotazione di veri e propri diritti soggettivi – rispetto a quelli della stazione committente” (così ancora TAR Parma, n. 197 del 2018, cit.).
Secondo la pronuncia del Tribunale, l’art. 5-bis, comma 3, del D.Lgs. 33/2013 (c.d. “Decreto trasparenza”), stabilisce espressamente che il diritto di accesso civico generalizzato è escluso, tra l’altro, nei casi “in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’art. 24, comma 1, della Legge 241/1990”.
Di conseguenza, può considerarsi legittimo il diniego di accesso qualora, in relazione ad atti riguardanti le fasi di affidamento e esecuzione del contratto, il richiedente presenti, in luogo dell’istanza di accesso agli atti (dunque motivata da un interesse specifico), la differente istanza per l’accesso civico generalizzato, per cui la normativa non prevede alcuna motivazione a corredo.